BIG – Bari International Gender festival
Partendo proprio dal vostro statement progettuale, considerando anche che vi accingete a presentare l’VIII edizione del festival, come il Bari International Gender Festival si è evoluto in questi anni – nei temi che sviluppa – e quale dialogo ha innescato con il pubblico – locale e non – ?

BIG – Bari International Gender festival è maturato nello scenario barese e pugliese come festival di cinema Queer nel 2015 (grazie ad una manifestazione di interesse dell’Apulia Film Commission), raccogliendo diverse esperienze, personali, di formazione e professionali, mie e di Tita, sia dal punto di vista artistico che dal punto di vista della progettazione urbana – a cui ci siamo dedicate per molti anni prima e contemporaneamente al BIG: mi riferisco alla stagione dei Bollenti Spiriti dei laboratori urbani e successivamente alla gestione di Spazio 13, in cui siamo tutt’ora coinvolti –.

Guardando a festival simili del centro-nord italiano esistere già da un trentennio, abbiamo creduto che anche il capoluogo pugliese, quale grande città del Sud, era pronto per accogliere un festival di film a tematica lgbtqi+. Dunque il linguaggio dell’arte prevalente era quello cinematografico, sempre guardando ad opere di qualità, selezionate e premiate nei maggiori festival di cinema nel mondo ma che difficilmente era possibile vedere nei circuiti della grande distribuzione.

La prima edizione di soli tre giorni e di soli film – più un appuntamento teorico realizzato in collaborazione con l’Università di Bari e la perspicacia di Claudia Attimonelli, docente di Semiologia del cinema e dell’audiovisivo, che per noi ha cura dall’inizio i DIALOGHI sul BIG – ha avuto una tale attenzione e partecipazione di pubblico che abbiamo voluto dare seguito a questa avventura.
L’occasione si è presentata rispondendo al famoso “bandone” triennale della Regione Puglia 2017-2020. Di qui la prima crescita sostanziale.

Al cinema si sono aggiunte le “incursioni” performative, dando spazio prevalentemente ad artist3 locali e a qualche evento musicale, linguaggi il cui peso di anno in anno si è fatto sempre più importante e politico. Il forte potere aggregativo che i corpi, in scena, suscitavano sui corpi del pubblico, scatenavano emozioni più intense intorno a cui si definiva con più tangibilità un senso di comunità.

Nel mezzo abbiamo anche vinto per un anno il bando “Siae - S’illumina” che ha introdotto nel BiG anche le arti visive. Ciò ci ha condotto a fare delle riflessioni sul diversificare maggiormente i linguaggi arrivando a comunità differenti, relativamente agli ambiti artistici (i cui confini si sono di per sé resi più labili nella contemporaneità) ma riuniti da un’indagine comune sui temi delle identità e della sessualità, cuore della natura umana.


Dalle edizioni durante e post pandemia, che ha destabilizzato tutto, non ci preoccupiamo più tanto dei formati, delle frontalità, delle modalità consuete, dei perimetri conosciuti. Ci siamo lanciati nell’imprevisto, lavoriamo sempre come reagendo ad uno stato di emergenza continuo (non solo come cittadine del mondo ma anche come lavoratrici della cultura), osiamo maggiormente, vogliamo diventare un laboratorio permanente, accogliendo forme, opere, linguaggi e soprattutto artist3 che ci stupiscono e anche disorientano.

Pensiamo così non soltanto di trasformare il nostro sguardo ma di partecipare ad un contagio di bellezza che si riverbera sul pubblico e lo risvegli ad una rinnovata consapevolezza. E siamo ancora in crescita dopo il riconoscimento di quest’anno da parte del MIC al valore sul territorio dell’azione del festival.

Il BIG – Bari International Gender festival è un progetto che ambisce una ricerca – e proposta – plurale nei temi e nei linguaggi delle arti: nella vostra esperienza vi è sembrato sia cresciuta una partecipazione del pubblico, visto ad esempio la datata cultura dei teatri nella città di Bari, e che ci sia stato un attento riconoscimento del valore artistico delle espressioni contemporanee che proponete, come per le performing arts?

Assolutamente sì. Non solo il pubblico è cresciuto ma si è molto diversificato estendendosi oltre la comunità LGBTQI+ che è un grande obbiettivo per la convivenza civile. Un conto è una comunità chiusa, un altro è una comunità aperta. Siamo molto soddisfatte che tante persone di diverso tipo si incontrino riunite da occasioni artistiche e tutte poi si sentano liberate dai propri limiti e libere di esprimersi.

E forse, proprio per il fatto che ci sia, come voi dite, una cultura “datata” dei teatri a Bari, che il nostro progetto ha più senso. Non cerchiamo affatto la contrapposizione, ma la compresenza, la possibilità che chi è alla ricerca di nuovo possa contare sulla nostra presenza sul territorio. Poi, il teatro si può fare ovunque.

È vero che gli spazi mancano e spesso è una grande fatica collocare e ripensare alcuni lavori in luoghi non deputati, ma pensiamo anche che molti degli spazi pubblici di valore non sono sufficientemente utilizzati o non sono sufficientemente attrezzati o sono ingessati in una burocrazia kafkiana e imbrigliati in mille normative o eccessivamente preoccupati da questioni di sicurezza.

Ma è anche vero che nessuno li ha rivendicati prima d’ora, o non abbastanza, e certamente una crescente richiesta metterà in moto dei cambiamenti e delle accelerazioni. Siamo convinti che il valore artistico e la ricaduta sulla qualità della vita nella città avrà il suo riconoscimento. Diciamo che siamo sulla buona strada, ci sentiamo abbastanza rispettate e in dialogo con le istituzioni e la cittadinanza attiva, che costituisce la nostra rete di relazioni, per cui crediamo nell’ascolto, nel miglioramento e nella crescita comune.

Piny_Hip A pussy poit of you
BIG – Bari International Gender festival - Piny_Hip A pussy poit of you - Courtesy BIG 2022
Quest’anno il tema è il CORPO/BODY: potete raccontarci come verrà attraversato questo concetto/parola attraverso le voci-suoni-immagini-movimenti degli/le artist3 coinvolt3?

Dopo ‘Allenze’, core dello scorso anno, è stato naturale pensare ad una evoluzione di questo concetto. Per l’ottava edizione siamo approdati su ‘corpo’, inteso nella sua fisicità, sostanza sociale e politica, un tema che oggi continua a rinnovare le sue problematicità e fascinazioni nel campo della produzione artistica contemporanea. Da sempre fluidi nella scelta delle espressioni con cui certi aspetti possono emergere e presentarsi al pubblico, abbiamo optato per un festival che potesse essere visto attraverso le arti performative, visive e del cinema, ma anche commentato e ballato.


Da qui la presenza anche della musica e dei talk che rappresentano un aspetto molto importante del nostro palinsesto. Una scelta dettata per creare un progetto più trasversale possibile, che sia in grado di generare la presenza di corpi portatori di interessi diversificati, antiabilisti e inclusivi.

La programmazione è inoltre pensata per portare queste esperienze in diversi spazi culturali della città: dalle aule dell’Università, in libreria, nei cantieri, nei teatri, nei cinema, negli spazi istituzionali e in quelli indipendenti della città di Bari, dalle periferie al centro. Questo per creare nuove geografie e masse critiche di pensiero, facendo incontrare pubblici differenti per età e interessi.

Abbiamo immaginato queste modalità anche per generare link e momenti di conoscenza tra i/le professionisti attivi sul territorio con le esperienze più interessanti nel campo della creazione artistica internazionale.

Per tornare alla vostra domanda, il corpo viene attraversato da una rete complessa di stimoli visivi e impulsi culturali: sarà impossibile tenerlo fermo, esperienza già provata durante la pandemia, che vogliamo esorcizzare con questa programmazione culturale.

Potete raccontarci alcuni degli/le artist3 invitat3 per questa VIII edizione dal titolo “BODY" ?

Sono davvero tant3 se pensiamo anche agli/le artisti ospitati nei BIG BODY WEEKS di ottobre. Per il mese di novembre il programma performativo ospita Arno Ferrera con ‘Cuir/ A loup pour l’homme’ e la portoghese Piny con ‘Hip. A pussy point of view’ - entrambe due anteprime nazionali - che riflettono sul corpo ma da due punti di vista, di genere, diametricalmente opposti. E ancora Senith, Collettivo M.I.N.E., Aristide Riondini e Angelo Petracca, che sono delle novità assolute di scoperta per il territorio. 

Ospite d’eccezione per la sezione arti visive sarà Franko B che venerdì 11 novembre sarà ospite dell’Università per un talk e un momento di incontro con gli studenti e le studentesse e performerà nelle splendide sale di Palazzo Fizzarotti, sede della Fondazione H.E.A.R.T.H., I’m thinking of you, accompagnato al pianoforte da Carlo De Ceglie, che eseguirà dal vivo le musiche originali di Helen Ottaway. Un cambio di sonorità e di atmosfera è previsto alle Officine degli Esordi, dove l’artista vestirà i panni del selecter techno. 

In questa sezione speciale rientra la collaborazione con Voga Art Project che martedì 15 novembre invece ospita Maristella Tanzi con ’15’ e Nina Martorana con ‘Love Language’ attivando nella stessa serata una sorprendente dinamica tra gli aspetti museali ed effimeri di due performance differenti.

Per la musica avremmo ospiti come Negros Tou Moria, il rapper afro-greco che si esibirà per la prima volta in Italia sul palco del Kismet, gli storici OvO e Andrew Bowen, che presenta il suo ultimo lavoro Slave to society alle Officine degli Esordi, e l’artista franco-ganese PÖ Nyege Nyege per il party finale del festival.

E ancora per il cinema Maria Guidone, regista di Albertine Where are you?, vincitrice del Premio Miglior regia alla Settimana della Critica del Festival del Cinema di Venezia di quest’anno. Questo solo per citare alcun3.

Ci sono anche tantissimi artist3 pugliesi in questa programmazione che oltre a dar vita a un impatto artistico sul territorio e nel mettere in mostra il genio degli/le artist3, vuole attivare anche un forte carico emotivo. Suggestioni che speriamo vengano colte in pieno dalla città.

Martorana_BIG con Voga Art Project
BIG – Bari International Gender festival - Martorana BIG con Voga Art Project - Courtesy BIG 2022

BIG – Bari International Gender festival è il festival di cinema e arti performative su differenze di genere, identità ed orientamenti sessuali della città di Bari, nato nel 2015 e consolidatosi negli anni come presidio multidisciplinare che indaga, attraverso diversi linguaggi artistici, le tematiche delle identità, del corpo e delle relazioni.
Nel corso delle edizioni, BIG si è evoluto e ha diversificato la propria proposta culturale: aprendosi a danza, teatro e musica allarga la prospettiva e offre una più complessa lettura della contemporaneità. Muovendosi in questo senso, BIG – Bari International Gender festival continua ad ampliare il proprio nucleo concettuale ed estende la rilevanza dei temi sulle diversità oltre l’umano, sorpassando la prospettiva privilegiata prevalentemente occidentale, suprematista e bianca, e abbracciando l’urgenza di decolonizzare la storia, le geografie, i saperi per rivolgersi all’intera bio-diversità (umana/ animale/ ambientale) con un orizzonte ecologico, intersezionale, anti-coloniale e anti-specista.
La discussione in termini artistici sulla pluralità delle espressioni della sessualità e dell’umanità portata avanti dal BIG, infatti, si sviluppa anche in relazione ai luoghi e alle dinamiche culturali della città di Bari, costruendo alleanze e percorsi condivisi di ricerca con le varie realtà culturali.
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