Qual è la tua formazione e che tipo di percorso hai affrontato in questo settore?

Mi sono formato all’università in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione, combinando discipline scientifiche e umanistiche. Dopo la laurea ho seguito la prima edizione di Campo, un programma annuale per curatori promosso dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Il mio è un percorso ibrido che si è sviluppato tra curatela indipendente, produzione e coordinamento di mostre e progetti in contatto con artisti, fondazioni, gallerie e fiere d’arte.

Quali sono stati gli incontri e le esperienze fondamentali vissuti sia in Italia che all'estero?

Una delle mie prime esperienze nel mondo dell’arte è stata nella sede francese di Galleria Continua, una ex cartiera di oltre 10mila metri quadrati immersa nella campagna parigina. Gli spazi erano talmente vasti che usavamo dei monopattini per muoverci tra un ambiente e l’altro all’interno delle mostre. Nonostante siano passati molti anni, ricordo bene la sensazione di stupore e meraviglia che provavo nel vedere opere di Chen Zhen, Mona Hatoum, Yona Friedman e altri artisti abitare quegli spazi così vissuti e pieni di storie, una combinazione esplosiva che moltiplicava in modo esponenziale i possibili livelli di lettura. Una sorta di battesimo della complessità che ha influenzato non poco la mia ricerca curatoriale, spingendomi a realizzare mostre e progetti in spazi espositivi non convenzionali e ricchi di informazioni, come ad esempio il porto vecchio di Bari o il deposito di un’azienda specializzata nel trasporto di opere d’arte.

Da un punto di vista professionale ho imparato moltissimo negli anni trascorsi in galleria con Franco Noero e Pierpaolo Falone a Torino, dove ho avuto la fortuna di lavorare con artisti come Simon Starling, Mike Nelson, Lara Favaretto, Jason Dodge, Darren Bader e tanti altri, seguendo progetti e produzioni sia in galleria che in musei e istituzioni. Con alcuni di loro sono ancora in contatto.

Un altro snodo importante del mio percorso sono stati i tre anni alla guida del board curatoriale di The Others, esperienza che mi ha dato la possibilità di viaggiare molto ed entrare in contatto con le scene artistiche di diverse città in Europa e nel mondo. 

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The Malphighian Layer - exhibition view, a cura di Bruno Barsanti and Gabriele Tosi, CAR DRDE, Bologna, 2018 - Courtesy CAR DRDE
Che genere di letture hai approfondito in questi anni?

Sono piuttosto caotico nelle letture e mi succede spesso di avere più libri aperti nello stesso momento, per non parlare del numero di pannelli aperti sul browser del mio smartphone. Non c’è un genere che prediligo, negli anni ho alternato saggi filosofici a libri di letteratura classica e contemporanea, poesia, libri di storia e critica d’arte. Tra le mie letture recenti ci sono Byung-Chul Han e Mariangela Gualtieri. Un libro che mi ha segnato è Il mito di Sisifo di Albert Camus, un libro che sono finalmente riuscito a leggere è Il pensiero meridiano di Franco Cassano. Al momento sto leggendo Allucinazioni di Oliver Sacks e I canti di Maldoror di Lautréamont. Chissà quando li finirò.

Come arrivi a sviluppare la tua ricerca curatoriale?

Più che seguire regole precise cerco di mettere in pratica un atteggiamento, una disposizione mentale e di spirito che può prendere forme e strade diverse a seconda delle circostanze. In molti casi la relazione con lo spazio espositivo o di progetto ha un ruolo centrale nella mia pratica, orientando scelte e decisioni progettuali. Attraverso il dialogo con artisti, autori e curatori mi interessa mettere in discussione i meccanismi e i codici linguistici e comportamentali che indirizzano la percezione e informano l’esperienza estetica. Si può dire che molti dei progetti che ho curato sono delle reazioni a un determinato spazio o ambiente.

Negli ultimi tempi, quali sono state le mostre più significative che hai visto?

Nell’ultimo mese le personali di Giulio Scalisi da Case Chiuse, Anicka Yi all’Hangar Bicocca e Raymond Depardon alla Triennale di Milano. Aggiungo anche Jon Rafman da Ordet, ho ancora un ricordo vivido della sua mostra alla Fondazione Fotografia a Modena, mi aveva lasciato un profondo senso di inquietudine. Chiudo con due mostre bellissime anche se meno recenti: Alberto Savinio al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps a Roma e Nam June Paik allo Stedelijk Museum di Amsterdam.

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Distiller - Exhibition view, Gelateria Sogni di Ghiaccio, Bologna, 2017 a cura di Gabriele Tosi, Bruno Barsanti - Courtesy Gelateria Sogni di Ghiaccio
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FOKU - Mari-Leen Kiipli, Passiflora, Installazione video, The Others, Torino, 2017 - Courtesy The Others
Quali sono secondo te gli artisti da seguire?

Quelli che diffidano dalla ripetizione di formule vincenti, a prescindere da età, genere e provenienza geografica.

La guerra ha avuto sempre un ruolo di spartiacque anche per le sorti dell’arte, pensi che questi drammatici eventi possano influire o generare in qualche modo un sentire ideologico e di lotta anche all’interno della comunità artistica?

I termini “ideologico” e “lotta” accostati all’arte mi spaventano, credo che ogni situazione vada analizzata nella sua complessità per evitare strumentalizzazioni, ancora di più in un momento drammatico come quello in cui ci troviamo. 

Sei pugliese, e come curatore indipendente collabori con molte istituzioni e gallerie d’arte contemporanea sia in Italia che all'estero. Attualmente a livello istituzionale come è la situazione della Puglia nel sistema dell’arte contemporanea? Pregi e difetti di una Regione che, in materia, continua ad essere sempre provinciale nonostante gli sforzi. 

Sento un legame fortissimo con la mia terra d’origine, nonostante da più di vent’anni non ci abiti stabilmente. In questi anni ho visto crescere tante iniziative culturali, alcune meritevoli d’attenzione, ma a livello istituzionale manca ancora una pianificazione progettuale seria che consenta di costruire programmi pluriennali a partire da risorse certe, in un’ottica di coinvolgimento stabile delle comunità, non solo artistiche. La mia sensazione è che a livello strutturale non ci siano stati progressi sostanziali dai tempi dei primi dibattiti sul polo museale di Bari, ormai più di dieci anni fa. Sicuramente le iniziative non mancano, ma è fondamentale che il lavoro spontaneo e dal basso di tanti operatori culturali venga affiancato da un sistema istituzionale che possa valorizzarlo, rafforzando tutto il settore e scongiurando il rischio di una nuova colonizzazione culturale parallela alla crescita quasi incontrollata del turismo in Puglia.

Ultimamente, a cosa stai lavorando?

Da dicembre 2021 sono direttore della Fondazione Elpis, organizzazione attiva in tutto il territorio nazionale attraverso il progetto ‘Una Boccata d’Arte”, che promuove residenze e interventi di artisti in piccoli borghi sotto i 5mila abitanti, uno per ogni regione. La fondazione avrà anche una sede espositiva che aprirà a Milano in autunno.

Sto inoltre lavorando con Gabriele Tosi a una mostra collettiva - Adesso no - che inaugurerà il 5 maggio negli spazi di Manifattura Tabacchi a Firenze.

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Saverio Todaro - La croce dei mari, Bari, 2011, ideato da Bruno Barsanti e Fabrizio Bellomo - Courtesy Amarelarte

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AUDITORIUM è un archivio sonoro e testuale che indaga l’incontro delle pratiche curatoriali con le dinamiche interdisciplinari della società contemporanea. Spazio simbolico di incontro e confronto che accoglie una pluralità di pensieri, parole, voci e azioni. AUDITORIUM è una rubrica a cura di Giuseppe Arnesano per il magazine di Salgemma.

testo di 
Giuseppe Amedeo Arnesano

Bruno Barsanti (Bari, 1982) Curatore e producer, ha collaborato con istituzioni, gallerie e fiere d’arte in Italia e all’estero, lavorando a stretto contatto con artisti di età e provenienza geografica diverse. Ha curato mostre e progetti in gallerie, spazi no profit e luoghi pubblici confrontandosi spesso con spazi espositivi non convenzionali. Da dicembre 2021 è direttore della Fondazione Elpis.
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