Immergersi con sguardo straniero
Casa delle Agriculture nasce come un collettivo formato da agricoltori, artisti e attivisti, avviato poi ufficialmente nel 2013 a Castiglione d’Otranto (Lecce) con l’obiettivo primario di praticare la “restanza” e riabitare il paesaggio rurale salentino, patrimonio prezioso di conoscenza e di biodiversità tramandato per millenni, ma oggi cementificato, inquinato e dimenticato.
Casa delle Agriculture è un’associazione di volontariato e una cooperativa agricola, resa possibile grazie ad un modello di cooperazione sociale sviluppato negli anni coinvolgendo in primis i cittadini locali.
Oltre a rivitalizzare le terre abbandonate e alla valorizzazione della biodiversità Casa delle Agriculture mira all’inclusione sociale, trasformando alcuni dei suoi progetti in luoghi di inclusione e resistenza: il Vivaio dell’Inclusione ad esempio è garantito grazie anche al lavoro di persone diversamente abili, migranti e anziani – fasce considerate deboli; il Mulino di Comunità, inaugurato nel marzo 2019, invece mette in circolo micro produzioni attraverso un servizio di molitura a costi equi, incoraggiando tutti a coltivare le terre abbandonate, per avere attorno più grani e legumi di qualità, accrescendo in questo modo un’economia di prossimità.
La ritualità connessa alla vita di comunità e rurale ha stimolato l’idea di un festival annuale, attivo da 10 anni, dal titolo Notte Verde: agriculture, utopie e comunità, che si pone come un rituale di passaggio per tutti i coltivatori di cambiamento che agiscono localmente, un evento aperto al pubblico che dà visibilità a progetti legati alla difesa del territorio, alle produzioni artigianali ed ecologiche, e a un altro modo di fare cultura.
Per l’agenda di Salgemma, in conversazione con Luigi Coppola, abbiamo approfondito una traccia etica e progettuale che si sviluppa nelle pratiche collaborative dell’associazione e nella pratica artistica, quest’ultima parte integrante del progetto di Casa delle Agriculture.
1. Praticare la restanza
Il concetto di restanza, neologismo dell’antropologo Vito Teti in Pietre di Pane, trova un terreno fertile nell’azione di Casa delle Agriculture per spiegare la nostra narrazione, le utopie che stiamo costruendo e principalmente il nostro modo inedito di abitare che non percorre strade già battute.
Ho trovato interessante attivare nella pratica artistica l’idea che è propria della restanza, di conservare questo sguardo straniero e dinamico che mette anche in crisi i concetti di antico e tradizione per trovare una strada contemporanea nell’azione e nel pensiero, dove la cultura è una chiave possibile.
È lo stesso lavoro che si fa per preparare un terreno: l’humus arricchisce e nutre il terreno che è stato impoverito, rimettendo in circolo il materiale organico e nutrienti, finché lo stesso terreno non ha la capacità di reagire.
Stiamo cercando di fare lo stesso lavoro dal punto di vista sociale, affrontando tantissimi temi soprattutto quello dell’abitare che significa appunto pensare alle relazioni, il tipo di scambio culturale attivabile all’interno di una comunità, come includere tutte le componenti marginali e come l’ambiente intorno diventa parte integrante di questa vita, la relazione cultura-natura che si rianima e diventa peculiare di un modo nuovo di stare al mondo.
Arricchire questo terreno, arricchire noi stessi come comunità di pratica perché il primo grande lavoro che facciamo costantemente è quello di metterci sempre in crisi e di trovare sempre delle soluzioni inedite.
Siamo ancora all’inizio di un percorso e quello della restanza è un tema complesso e tiene insieme tutto il nostro operato che è articolato in tanti fiumi, da un’azione che deve tenere in conto di tante complessità.
2. L'essere è nella relazione
Tutto il processo nasce più di dieci anni fa da un gruppo di giovani già legati da un’amicizia fraterna, un sentimento che accomuna tutte le persone che si uniscono all’associazione di Casa delle Agriculture.
CdA è come un organismo fatto di cerchi concentrici di associati che hanno un ruolo attivo quotidiano, dove ognuno ha il proprio spazio di espressione in base alle energie che dispone in quel momento.
Fondamentale è stato l’apporto della comunità di anziani, molto forte e potente, all’interno della comunità di Castiglione ed Andrano che dall’inizio ci ha sostenuto in una maniera viscerale, spendendosi per noi e vedendo nel nostro agire quasi un’eredità culturale da tramandare.
Tutto nasce in un luogo in cui l’associazionismo e l’azione di comunità erano già molto presenti e crea un territorio fertile dove la Notte verde è il miracolo di queste relazioni che si compie ogni anno. C’è una rete di persone che noi chiamiamo Coltivatori di cambiamento che crede nell’idea di manifestarsi e di trovare un momento comune in cui far convergere queste energie trasformative messe in atto. Chi viene di solito alla Notte Verde viene per comprendere la complessità di un territorio che si muove, fatto di relazioni e di tanti elementi trasformativi, generalmente un quadro più ottimista della realtà del territorio che vive le sue difficoltà tutti i giorni.
Quello che ho cercato di fare attraverso la pratica artistica e curatoriale, grazie anche alla costante collaborazione con Free Home University, è stato di portare nella comunità del paese degli sguardi esterni con visioni molto radicali al fine di creare un costante confronto che possa generare visioni altre.
Senza uno sguardo straniero è difficile far comprendere alle persone della nostra comunità la bellezza e la peculiarità del territorio. Penso che questo confronto sia sempre molto forte e spesso anche molto faticoso, soprattutto negli ultimi anni in cui stiamo riscontrando molta attenzione verso le nostre azioni. Siamo consapevoli che stiamo toccando dei tasti importanti, ma è importante conservare una leggerezza di fondo, elemento fondamentale per poter andare lontano.
3. Pratiche curatoriali ed artistiche in contesti rurali
Purtroppo, il mondo dell’arte contemporanea si è costruita attraverso un modo di agire molto deterministico con grandi limiti sul tipo di processi da seguire e sui tempi per svilupparli. Si privilegiano produzioni culturali in tempi molto definiti e chiusi per poter presentare dei “risultati”, è poco sviluppata la cultura del processo, su tempi lunghi, e anche la capacità di rendere il pubblico partecipe delle sue evoluzioni.
Anche in base alle mie esperienze lavorative precedenti, è nato in me il desiderio di immergermi in una realtà come Casa delle Agriculture e di andare in profondità. Questo processo di scavo nel profondo è consono con la complessità delle sfide su cui si lavora e permette di attuare dei veri processi trasformativi.
È fondamentale questa idea di prendersi il tempo, continuare ad andare nel profondo, mettersi in gioco e di non chiudersi nei limiti.
Quando ho iniziato il mio processo all’interno della realtà castiglionese in collegamento con l’esperienza di Free Home University, esperienza basata sull’incontro e relazione della pedagogia radicale, abbiamo portato avanti un programma molto intenso invitando delle personalità con un background culturale molto forte. Ad esempio con l’attivazione del progetto Parco comune dei frutti minori ci sono stati momenti molto interessanti ed inclusivi, forse perché in quel momento c’era bisogno di una scossa.
Abbiamo compreso che il meccanismo classico della residenza, nel nostro caso non funzionava, perché ogni volta era necessario partire da zero con gli artisti invitati e spesso accadeva che non vi era un vero e proprio scambio. Con il tempo abbiamo capito la necessità di una negoziazione e di sedimentare un rapporto in un tempo più lungo, poiché la natura dei luoghi e delle comunità è complessa.
4. L’arte come pratica collaborativa e non autoriale
Al momento stiamo partecipando a Confederacy of Villages, progetto europeo che vede il coinvolgimento di altri cinque realtà legate all’idea di arte e ruralità e che portano avanti processi simili a Casa delle Agriculture. Con i partners e gli artisti connessi abbiamo già avuto modo di conoscerci e sperimentare a Castiglione, questa opportunità del progetto europeo ci permetterà di aprire una nuova fase di scambio. L’idea è costruire un processo di condivisione di lunga durata che trova una connessione molto forte con realtà molto distanti, ma che hanno gli stessi input ed energie di partenza.
Un altro progetto che mi vede pienamente coinvolto, e cui credo molto, riguarda la crisi del paesaggio del Salento a causa della moria di milioni di ulivi colpiti dalla xylella che ha messo in luce una serie di limiti strutturali del territorio.
Stiamo promuovendo una rete importante di scambio con cinque realtà del Salento che condividono la pratica di Casa delle Agriculture e stiamo provando a costruire un prototipo di azione dal basso per un’idea di agroforesta e di cambiamento culturale-economico del territorio, con una differente visione del rapporto con la natura.
Questo mio impegno è accompagnato da una pratica e cura quotidiana molto personale che dà un ritmo alla mia vita in Salento. Mi sto dedicando alla sperimentazione del ricircolo della materia organica e della ricostruzione, anche in chiave simbolica, del paesaggio. Questo lavoro lo stiamo facendo insieme a Rossella Biscotti e Michele Guido per Fondazione Merz, che ci ha chiesto di capire quale può essere il ruolo dell’arte in questo momento nella problematica specifica della crisi del paesaggio devastato.
Nel 2019 con Matera Capitale della cultura, invitato all’interno del progetto Gardentopia curato da Pelin Tan, ho sviluppato tre progetti diversi: la creazione di un Giardino evolutivo a Matera, un secondo progetto a Cirigliano (MT) dove abbiamo realizzato la Parata delle stagioni che verranno, costruita in questo paese piccolissimo di 300 abitanti, recuperando la tradizione di un carnevale rurale e riattivandolo in un nuovo rituale contemporaneo, che ogni volta aprirà un nuovo percorso di collegamento di ecoturismo e di riscoperta di antichi cammini che collegavano i paesi vicini.
La pratica e coinvolgimento di Casa delle Agriculture ritorna nel terzo progetto sviluppato a San Mauro Forte (MT), un paese che ha una produzione quasi totalmente biologica e una grande potenzialità, ma una narrazione pessimistica del suo futuro. In questa occasione ho coinvolto altri due membri di Casa delle Agriculture, insieme a una fotografa e una designer, per un’indagine collettiva dal nome Utopia nella realtà, scrivendo una fiction e immaginandoci fra dieci anni cosa sarebbe stato il paese. Poi con l’azione Il paese dell’abbondanza abbiamo creato un’installazione che indagava il rapporto restanza-abbondanza in un percorso all’interno del borgo con visioni inedite.
Spin-off del progetto è la collaborazione con una giovane associazione di San Mauro Forte, con cui stiamo lavorando sulla filiera di un antico grano: il Saragolla lucano, una varietà di grano duro che si coltivava al sud fino ai primi decenni del secolo scorso, prima dell’avvento dei grani moderni. Avendo CdA riprodotto il seme, lo abbiamo donato alla comunità di San Mauro che lo sta coltivando così da far ripartire una filiera per creare un’economia locale e culturale di valorizzazione, rimettendo così in moto il circuito della restanza.