Cijaru nasce di fronte a un bicchiere di vino nello storico bar Da Carlo a Porto Badisco a circa 7 km sulla costa sud di Otranto e a pochissimi metri dal luogo dove tutte le culture del mediterraneo si incontravano già a partire dal Paleolitico in venerazione della Grande Madre Terra, la Grotta dei Cervi.
Da qui siamo partiti fra due taralli, un’oliva e un bicchiere di Negroamaro per capire cosa volevamo essere e cosa avremmo fatto.

Come la nostra ubiquità passata e il nostro nomadismo abbiamo deciso di essere locali con occhio straniero, di essere sempre qui ma altrove. Del resto come avremmo potuto riconoscere la nostra terra non avendoci vissuto per oltre vent’anni? Viaggiando, scoprendo e studiando ciò che avevamo visto di sfuggita, forse come “turisti” meno attenti. E allora sempre con una valigia aperta abbiamo iniziato a viaggiare, senza una sede, un ufficio ma solo come entità fra un bar, un luogo storico dove bere un bicchiere di vino o prendere un caffè, come l’Ortale, fra una cripta bizantina, come San Pietro a Otranto e un dolmen come quello degli Scusi a Minervino, a 8 km nell’entroterra.

E quando abbiamo camminato dall’alto verso il basso grazie a chi ci ha aperto le porte, abbiamo trovato un luogo temporaneo, la Torre Matta dove raccontare il nostro viaggio da Nord a Sud, da Sud a Sud-est, da Ovest a Est.
Come una grande passeggiata a piedi o in macchina cijaru è un viaggio, il nostro innanzitutto ma anche quello che viene compiuto da chi viene a trovarci e scopre che non siamo solo in Italia, ma siamo anche in Albania, in Grecia, in Turchia, in Pakistan e altrove.

Certo il viaggio è una mappa, è disegnato dai confini territoriali e per orientarci abbiamo usato google
maps ma mentre eravamo in macchina in direzione Santa Cesarea a circa 25 km sulla costa sud di Otranto in un giorno limpido di tramontana vedevamo i monti Acrocerauni, la neve albanese e ascoltavano la radio greca. Eppure google maps continuava a darci la rotta Otranto-Santa Cesarea.
Le mappe sono luoghi segnati, oggettivi e inconfutabili, qualcuno direbbe ma i nostri viaggi erano in Italia ma allo stesso tempo fuori dai quei confini come il viaggio segnato su Villa Sticchi, una villa dei primi del Novecento in stile moresco.

Cosi’ abbiamo deciso di raccontarci per tappe geografiche e storiche, tappe non segnate come quelle del mare impossibile da contenere in linee precise di confine. Tappe ancora una volta orientali, matriarcali, mediterranee, ancestrali, femministe, ibride come quelle non segnate su google maps.


Prima tappa - Porto Badisco, Bar da Carlo; Grotta dei Cervi (7km costa sud di Otranto)

Nel grande canalone che degrada verso l’insenatura di Porto Badisco, si poteva udire in tempi remoti un suono ancestrale, quello proveniente da una conchiglia. Un antico strumento a fiato utilizzato nei riti in onore della dea Mare. Siamo nella Grotta dei Cervi, una grotta naturale costiera, antichissimo luogo di richiamo per le diverse genti del Mediterraneo come testimoniano le antiche deposizioni ritrovate che fungevano da offerte di ogni genere in pietra, osso e ceramica. Sin dalla sua scoperta, avvenuta il 1°febbraio 1970, fu riconosciuta come uno dei monumenti d’arte parietale post-paleolitica più importanti del Mediterraneo. Sulle sue pareti si susseguono centinaia di pittogrammi figurativi realistici con gruppi di arcieri che cacciano cervi, lavori agricoli e pastorali, e simbolico-astratti che rappresentano scene di socialità con figure alberiformi, stelliformi, pettiniformi e cembaliformi. Le raffigurazioni realizzate in ocra rossa, le più antiche, e in bruno, dal guano di pipistrello, risalgono all’epoca neolitica, tra il 4.000 ed il 3.000 a.C. Alcuni simboli sono riferiti a pratiche propiziatorie della caccia o di iniziazione di bambini che hanno lasciato l’impronta della mano nella caverna più antica, forse per dimostrare il loro coraggio e l’appartenenza alla comunità degli adulti.


Seconda tappa - Minervino, Dolmen degli Scusi (7,9 km in direzione Sud-ovest da Otranto)

Camminando per uno stretto sentiero di campagna tra boschi di ulivi e piante aromatiche si discopre ai nostri occhi una primordiale struttura in pietra avvolta da un’intima e rarefatta atmosfera. L’entroterra otrantino è costellato da antichissime strutture in pietra, legate probabilmente ai riti funerari e alle
funzioni cultuali. Il dolmen (dalla parola bretone tol o tuol, tavola, e men, pietra), è costituito generalmente da un lastrone di pietra appoggiato orizzontalmente su pietre infisse verticalmente nel terreno così da formare un vero e proprio ambiente. I dolmen insieme ai menhir e alle specchie, sono oggi considerati degli altari megalitici, monumenti sepolcrali o soltanto simboli che propiziavano la fecondità.


Terza tappa - Otranto, Chiesa di San Pietro (500 m dal Castello Aragonese, direzione Lungomare)

Stretta tra fitte case bianche e un labirinto di piccole strade la chiesa di San Pietro con la sua pianta centrale si erge sull’antico promontorio della baia Otrantina. Edificata nel IX-X secolo d.C. San Pietro rappresenta uno dei più importanti esempi di architettura bizantina in Italia. Al suo interno conserva mirabili affreschi tra cui la Lavanda dei piedi e L’ultima cena, risalenti al X secolo, espressione degli stilemi
orientali, funzionali al rito religioso greco-ortodosso che qui aveva luogo. La piccola chiesa è testimone dell’influenza culturale di Costantinopoli, l’antica capitale della Terra d’Otranto.


Quarta tappa - Otranto, L’Ortale; Mosaico della Cattedrale (1 km dall’entrata Otranto Sud venendo da Maglie)

Il mosaico della cattedrale di Otranto fu realizzato tra il 1163 e il 1165 dal presbitero Pantaleone che attraverso milioni di tessere policrome rappresentò l’Albero della Vita, del bene e del male. Un percorso di immagini e di segni che indicano le tappe che ogni essere umano deve compiere nella vita per
ottenere la salvezza e la rinascita spirituale. Esso rappresenta la summa del sapere enciclopedico e illuminato del Medioevo, attraverso la rappresentazione in immagini dei poemi cavallereschi francesi e bretoni, racconti ebraici mediterranei, leggende arabe, bestiari e vangeli apocrifi, storie dell’antico
Testamento, simboli cabalistici, allegorie e insegnamenti morali. Protagonista è la natura, strumento divino, a cui l’essere umano deve tendere per raggiungere l’equilibrio cosmico in una visione del mondo non antropocentrica.


Quinta tappa - Otranto, Torre Matta (300 m dal Castello Aragonese direzione Porto)

Nella baia di Otranto si staglia l’imponente struttura dell’ultimo baluardo di difesa dell’antica città. La Torre Matta appartiene al sistema difensivo dell’antico complesso murario della città di Otranto. Realizzata a pianta circolare alla fine del 1400 e rinforzata in seguito secondo le strutture architettoniche
cosiddette “casamattate”, da cui prende nome, la torre rondella fu inglobata nel 1500 da un bastione di forma pentagonale. Trasformata negli ultimi secoli in un “butto” fu sottoposta ad un lungo lavoro di restauro e qui cijaru ospita uno sculpture centre dove si invitano artisti internazionali a rivisitare, ri- interrogare un passato in divenire in chiave contemporanea.

L’Associazione di promozione sociale cijaru nasce dalla collaborazione dei suoi fondatori: uno storico dell’arte Davide De Notarpietro e un curatore e teorico Francesco Scasciamacchia che originari di Otranto (Lecce) condividono i medesimi obiettivi e progetti nella ricerca delle radici storico-culturali della Puglia, del Salento e delle aree geografiche del Mediterraneo. Attraverso progetti trasversali fra storia e arte contemporanea, cijaru ha come finalità la valorizzazione e promozione del patrimonio storico-artistico locale e della sua cultura immateriale attraverso progetti di arte contemporanea realizzati in modo partecipato e collettivo con le comunità interessate.
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