04102020
Salgemma visita Lamia Santolina, campagna e studio-atelier nei dintorni di Carovigno di Cosimo Terlizzi, regista ed artista: una guida raccontata della sua pratica e ricerca sul giardino.
Il mio rapporto con il giardino è dettato dall’esperienza reale, dallo studio, ma principalmente dal fare.
Per anni abbiamo girato l’Europa, abbiamo conosciuto diverse città (grandi e piccole) e ci siamo formati all’interno di esse. Ma dentro di me e Damien c’è sempre stato questo sentimento di protesta contro un certo modo di vivere la terra, però fino ad allora la nostra era stata una battaglia solo intellettuale, mai pratica.
Così abbiamo trovato questa casa vicino Carovigno, di cui ci siamo innamorati da subito, e ci siamo messi alla prova. Basta parlare, facciamo. Vediamo se siamo capaci di fare qualcosa e se in pratica riusciamo a costruire un rapporto simbiotico con la natura. La cosa che ho fatto da subito è stata quella di osservare e comprendere quello che sin da piccolo ho sempre sentito: non cancellare, non tagliare, non estirpare tutto ciò che cresceva in maniera spontanea.
Così pian piano ho cercato di stabilire un contatto pseudo naturale, perché la natura è un sistema così complesso, fa tutto da sé e noi possiamo solo smuovere, dandogli degli spunti e degli ingredienti.
Mi sono reso conto che la nostra campagna è un deserto nel momento in cui Damien mi ha fatto notare una cosa (e l’ho anche rimproverato di questo!) Un giorno venendo a trovarmi nella campagna di famiglia (verso Bitonto) mi ha detto “Guarda che questa non è campagna, non è natura! È una coltivazione di ulivi: una monocultura”. Mi è caduto un velo, un velo che ho sempre avuto. Ho capito che il problema è che siamo così abituati a pensare che sia naturale, quando in realtà non lo è.
Vicino alla casa c’è questo ulivo secolare e siamo molto preoccupati perché dal Salento sta arrivando anche in queste zona il batterio che lo porta a un processo di disseccamento veloce e può darsi che l’ulivo lo stia già covando e quello che vediamo è il suo ultimo momento di vita.
Come vedete intorno al grande tronco ho lasciato crescere il finocchietto selvatico e il lentisco (nati spontanei) per dei motivi precisi. Il lentisco, che è una pianta della macchia mediterranea, è un arbusto che assolutamente bisogna proteggere e lasciare che invadi la terra, perché attira insetti che si cibano di alcuni parassiti dell’ulivo, come la mosca, è poi un riparo per gli animali selvatici, ed ha proprietà sorprendenti.
Il finocchietto invece oltre che ad essere utilizzato per aromatizzare le olive, attira diversi insetti come le coccinelle e i ragni che si cibano degli afidi.
Che il lentisco sia nato sotto l’ulivo, mi ha reso felice perchè mi ha fatto pensare che c’è ancora una memoria della terra e quindi, soprattutto se per anni non è stata avvelenata, magari alcuni semi non sono morti, resiste quella che era la foresta originaria.
A noi non interessa solo l’ulivo, interessa il tutto. Siamo presi dalla volontà di ritrovare un equilibrio con la terra, nonostante ci sia l’industria dell’ulivo e questa ombra oscura che la perseguita: la xylella o il CoDiRO.
Certo, c’è un rispetto della coltura principale. Ho pensato poi di inserire alla base dei tronchi il timo serpillo che protegge l’albero e la terra, la copre. L’idea che stiamo seguendo è quella di non lasciare la terra scoperta perché è evidente che il sole, durante la siccità, brucia tutti quegli elementi organici che fanno la sua ricchezza.
In effetti il timo serpillo – come la santoreggia – sono piante molto interessanti. La santoreggia è un antibatterico potentissimo, hanno le stesse proprietà e significa che -secondo me- la terra, a livello sinergico, deve funzionare allo stesso modo quindi rilasciare l’antibiotico in modo naturale.
Tutti gli ulivi della Lamia che vedrete hanno il timo serpillo alla base, oltre a proteggere e fare fiori per le api, diventa un tappeto calpestabile. Inoltre in mezzo agli ulivi trovate delle isole, sono aiuole circolari, composte di piante della macchia mediterranea insieme a piante provenienti da un’area del mondo diversa.
Quello che vi sto raccontando è il mio approccio pragmatico che porta avanti una ricerca sulle piante della fascia mediterranea che si trovano anche in Sud America, in California, in Australia meridionale e in Sudafrica e che accomuna queste piante, sono tutte molto resistenti.
Ci sono delle piante come il Teucrium Marum Verum, che veniva usata come disinfettante per gli animali. Poi la santoreggia, che veniva usata per calmare le punture degli insetti, insetti che sto cercando di far arrivare qui nel giardino. Vedete i cespugli qui, sono fatti in modo da attirare gli insetti di cui noi e il giardino abbiamo bisogno.
Questa ad esempio è una salvia africana, fortemente adattabile alle intemperie e viene usata per i riti di passaggio, per sbiancare i denti, ma anche come incenso e scaccia spiriti maligni, che spesso non sono altro che batteri e insetti fastidiosi. Proprio qui ci sono una serie di diverse varietà di salvia, questa è una salvia greggii dalle foglie profumate e utilizzabili. Questa è una Phillyrea, che alleva un insetto specifico contro la tignola dell’ulivo. Nel giardino troverete assieme agli alberi da frutta anche piante che servono all’ecosistema, non utili solo a noi.
Sublimo le composizioni cercando piante diverse, soprattutto mediterranee e officinali. Inserendo queste isole tra gli ulivi, so che le loro radici arrivano sino a qui, sotto le officinali, piante dalle proprietà antibatteriche. Potranno aiutare gli ulivi stessi a resistere al batterio del disseccamento? Questa è la mia utopia.
Ci sono sempre un cane e un gatto che tengono sotto controllo tutto, compreso la fauna, sono Tao e Remo. Stamattina ci hanno portato purtroppo un serpente morto, ieri un topo.
L’idea è quella di poter ricostituire un rapporto simbiotico tra tutto: qui il leccio che è avvolto dal ginepro e sotto cammina la santolina, poi subito dopo c’è una lavanda poi il timo, che diventano un unico blocco come in natura. La mia fonte d’ispirazione è la macchia mediterranea, lì i cespugli, che sembrano un unico blocco, sono composti da una grande varietà di piante, autoctone ed endemiche. Si compenetrano, tanto da creare una rete fitta di rami impenetrabili, le varietà si confondendo, sino a sembrare un unico corpo.
Per irrigare usiamo anche dei vasi di creta, che sotterriamo accanto alla piante più giovani. La creta è un materiale poroso che rilascia l’acqua in maniera molto lenta e le radici si avvicinano e prendono quello di cui hanno bisogno.
Un’altra cosa che sto scoprendo questo mese, è questa piantina che è nata spontanea: l’olivello, che nasce sul ciglio della strada con le sue spine e bacche. Non è molto conosciuta ed è una pianta pioniera, tra le più forti e le più importanti diffusa in tutto il mondo, resistente a diversi climi che diventa un grande cespuglio spinoso. Arriva prima di tutte le altre piante, nasce dove batte il sole e ha una proprietà importante: prepara il terreno per le altre piante.
Un’altra pianta che nasce spontanea, infestante, è l’inula viscosa pianta mellifera che attrae anche tante coccinelle. Alleva un insetto specifico contro il patogeno dell’ulivo. Anche lei pianta pioniera, con una radice profondissima, è una pianta che ara la terra: noi non ariamo ci pensa lei e molte altre piante spontanee fastidiose. Fastidiose perchè spesso spinose, orticanti, comprendi col tempo il motivo per il quale lo sono, è il loro modo per essere lasciate in pace.
Ogni pianta che vedete è frutto di una ricerca, molto spesso sono piante che non si trovano nei vivai vicini. Per esempio questa è un achillea filipendulina che ha un odore fortissimo, sentite la foglia e la sto riproducendo.
In quest’altra parte importante del giardino c’è l’aia, un cerchio, un luogo di incontro e di stasi durante il lavoro. Per inaugurare il giardino e lo studio-atelier abbiamo acceso un grande fuoco nell’aia: fuoco, rito di iniziazione e augurio di purificazione della vita della campagna.
Lo studio è costruito in calce canapa e la struttura portante è in acciaio. Il tetto è in cannizzo, isolante naturale che crea un microclima naturale che viene da sé con la struttura che abbiamo creato, inoltre raccoglie acqua piovana. Per realizzare questo edificio abbiamo spostato due ulivi che vedete ora piantati ai lati e dallo scavo delle fondamenta abbiamo recuperato terra e sassi. In questo modo abbiamo dato più terra agli ulivi e stiamo man mano ricostruendo il muro a secco.
La forma dell’architettura dello studio riprende l’inclinazione delle curve quella della lamia (la casa).Questo è l’atelier dove creo e lavoro. Qui ci sono dei lavori realizzati da Giulia Coluccello, studentessa di fashion design allo IUAV di Venezia e sarà qui per due-tre mesi. Insieme alla moda, Giulia porta avanti un interesse per l’audiovisivo e uno studio sull’aspetto rurale, molto interessante. Ora stiamo facendo un lavoro dove utilizziamo tutti i materiali del giardino, e una riflessione sulla potatura che diventa un elemento interessante per la natura della struttura tessile.
Lo spunto che mi ha dato Cosimo è stato quello di creare un costume o maschera fortemente legata al rito, al legame con la terra. Abbiamo iniziato dalla potatura delle piante della santolina e del barboncino mediterraneo e con lo spago si avvia un processo di trasformazione. Con semplici nodi, la ripetizione del gesto e la materia si nobilita. Abbiamo creato un’armatura lavorando direttamente sul tronco dell’ulivo, costituito da un corpetto di achillea moschata e millefiori. La ritualità sta nel lavoro, nel lavoro di intrecci e nel vestire l’albero.